venerdì 25 novembre 2011

I rivoluzionari del nuovo millenio


Questi rivoluzionari del duemila, hanno fracassato le palle. Tutti: di sinistra, di destra, fascisti, comunisti, conservatori, progressisti, monarchici, repubblicani. Non ne posso più. Non se ne può più della vostra retorica, del vostro dogmatismo, delle etichette che vi applicate ma non vi meritate, delle vostre guerre e dei vostri principi: che sono identici a quelli della borghesia dalla quale dite di dissociarvi, oppure vecchi come il mondo e con una carica innovativa pari a quella del governo Monti. Voi che siete chiusi in anguste sedi, a parlare di cose che non interessano a nessuno, oppure a fare triste retorica in piazze gremite di stolti o su bacheche virtuali cliccate da solitarie culone.

Proprio voi, che pensate di essere estranei al sistema, ne siete i più fedeli alleati, perché la maggior parte dei pensieri che infestano la vostra mente sono stati messi li da chi dite di combattere. Lucidate giorno per giorno le sbarre dorate della vostra prigione, condividete sui social network notizie: cosa pensate, dove vi trovate, cosa avete intenzione di fare, mettete con fierezza in vetrina la vostra idiozia. Ma a volte sembrate quasi esseri pensanti, solo quando vi studiate a memoria un pezzo giornalistico apparso su qualche rotocalco alternativo o imparate la lezioncina diffusa dal partito o dalla comunità di turno, ma appena si va un poco oltre a quello, eccovi cadere nel più totale buio esistenziale e sinaptico. Ma tutti si prendono assolutamente sul serio, guai a chi prova per un momento ad infrangere le loro convinzioni, i loro comandamenti. Tutti a riempirsi la bocca della parola rivoluzione senza saper nemmeno cambiare loro stessi.

Ci sono quelli che si definiscono intellettuali e stanno a disquisire come vecchi tromboni, chiusi nella propria torre d'avorio, su come sarebbe dovuta finire una guerra o sulle ripercussioni spirituali che ha avuto la diffusione del video porno di Belen Rodriguez sul web. Quelli che scendono "in campo" per le proprie frustrazioni personali o quelli che si riempiono la bocca di paroloni, sulla critica all'immigrazione e al sistema liberale, quando provengono da una famiglia di contadini della periferia di Salerno e la loro unica "fortuna", è stata quella di aver subito un indottrinamento dopo aver sottoscritto una tessera di partito. Che poi sono rivoluzionari del 2000, ma attaccati a vecchissime idee, che ne limitano solo le capacità. E sono la maggioranza purtroppo.
 Fino a 20 anni fa si criticava l'italiano medio perché non si interessava di nulla: era menefreghista, egoista, disinteressato da ciò che gli accadeva attorno. Il problema è che oggi, invece, sono tutti interessati e pensanti, senza averne i presupposti. Sono li stessi idioti di prima, che seguendo il solenne comandamento di qualche tipo di superficie su cui vengono rappresentati visivamente immagini e video, hanno deciso di dedicarsi ai temi più impegnati, tralasciano gli amati e tanto desiderati culi del Bagaglino. Gli hanno fatto vedere le false rivolte arabe, la montatura degli indignados, hanno innalzato a dio personaggi ambigui come Marco Travaglio o Michele Santoro e letteralmente santificato uno sfruttatore come Steve Jobs. In questo modo la gente si è creata una coscienza sociale ma con i riferimenti sbagliati. E in questo meltin'pot di teste di cazzo, in  pochi hanno una spinta reale verso il nuovo, verso la rottura concreta contro tutto ciò che di vecchio ci circonda. Sono una minoranza contro una maggioranza: in termini pratici evoluta, meno barbara, ma mai così intellettualmente ottusa. Come sempre il corso delle cose è deciso dalla sconfitta di una minoranza consapevole, contro una maggioranza suddita ed inconsapevole.

Parafrasando Fabrizio De André, "la maggioranza sta come una malattia, come una sfortuna, come un'anestesia, come un'abitudine", ma probabilmente questo grande della musica, della poesia e della filosofia contemporanea, non si sarebbe mai immaginato che, la barbarica maggioranza avrebbe iniziato ad ascoltare la sua musica per darsi un tono, senza capire.  Per fortuna che c'è: "chi viaggia in direzione ostinata e contraria, col suo marchio speciale di speciale disperazione, e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi, per consegnare alla morte una goccia di splendore di umanità, di verità.." 

domenica 13 novembre 2011

Festeggiate sto cazzo, il problema non è Berlusconi

Non ho resistito, lo so che con questo post ricalcherò la falsa riga del mio articolo precedente sul tema Berlusconi-dimissioni-Monti, ma vedere in televisione e leggere sulle testate web, di tutti questi festeggiamenti per le dimissioni di Berlusconi, mi fa andare la merda al cervello. Poi alla fine un blog è anche un modo di sfogarsi no? Sopratutto se nel suo titolo ha la parola "diario". Quindi sono giustificato.

Perché c'è così tanta gente a festeggiare fuori palazzo Chigi? Perché festeggiano in piazza, in tv, sul web, questo branco di pecore, quando i lupi sono alla porta? In tutto questo c'è un'enorme contraddizione. Siete proprio una manica di coglioni, fatevelo dire. Le ultime direttive UE, sopratutto del suo presidente Herman Van Rompuy, già da qualche giorno, "indicano" (per non dire "comandano"), al governo che verrà, di non creare una nuova maggioranza tramite le elezioni, ma bensì di continuare con un governo tecnico guidato appunto dal pluri idolatrato Mario Monti. Questo significa che in Italia c'è stato un colpo di stato: un governo legittimo votato dai CITTADINI in maniera democratica, è stato fatto cadere dalla borsa e da delle macchinazioni economiche per essere sostituito con un governo non votato dai cittadini che prenderà decisioni a nome di questi senza averne diritto. Quindi, io che sono una persona ragionevole mi chiedo: perché chi accusava Berlusconi di aver trasformato l'Italia in un totalitarismo, invece di festeggiare e sorridere, non si incazza come una iena? Sticazzi, con quest'azione politica hanno infranto ogni principio democratico, hanno ignorato il volere del popolo e, dulcis in fundus, hanno avviato una campagna d'informazione degna della Russia Sovietica, soffocando ogni voce indipendente, facendo passare tutto questo casino come fisiologico.

In breve: abbiamo un governo illegittimo, che fa gli interessi delle banche e che a breve svenderà il poco che ci è rimasto in Italia dal punto di vista economico, con tutte le conseguenze del caso. Io sono nero dalla rabbia, ma invece c'è a chi importa solo di Berlusconi. Ma quando questi si accorgeranno che lo stato delle cose, senza il premier, andrà ancora peggio, a chi daranno la colpa? Tutti questi falsi ribelli, giovani e meno giovani, e coloro che hanno fatto i soldi e si sono costruiti una fama con l'antiberlusconismo, di che cosa parleranno d'ora in avanti? Questa sicuramente è una domanda alla quale i padroni dell'economia dovranno dare una risposta, altrimenti si rischia seriamente che qualcuno inizi ad usare il cervello e a capire che lo hanno sempre preso per il culo e che Berlusconi era solamente uno specchietto per le allodole in modo da far passare i problemi reali in secondo piano.

Resta il fatto che la situazione è tragica. Scrivere questo breve post non mi è servito a scaricare la rabbia del tutto, ma solo la speranza che, qualche testa di cazzo che sta festeggiando, legga questo articolo carico di rancore nei suoi confronti, mi rallegra un minimo. E magari leggendolo avrà il tempo di elaborare qualche pensiero autonomo e si andrà ad informare su Monti, Draghi, la Trilateral Commission, il Bildelberg Group, la Goldman Sachs e tutte le porcate che gli hanno fatto passare sotto il naso. Se arriverà a sollevare il tappeto che copre la montagna di merda che hanno nascosto durante tutti questi anni, forse arriveranno addirittura a rimpiangere il vecchio premier. O forse no, sono troppo ottimista. Good Saturday Night.

venerdì 11 novembre 2011

Musica e avanguardia

In ogni tipo di arte o di bene culturale, c'è una componente che, più visibile o meno, in base ai tempi che corrono, posizione l'opera su uno standard, oltre che qualitativo, anche temporale. In questo post voglio parlare del tema dell'avanguardismo nella musica, cercando di evitare però filosofeggiamenti "andergraund" che non mi appartengono e che solitamente utilizza chi vuole mascherare una propria incapacità di sentire a "pelle" ciò che è veramente rivoluzionario, da ciò che è solamente una copia. Tanto per intenderci, gruppi che producono rumori scuotendo pentole o rompendo soprammobili, non sono musicalmente all'avanguardia. Per quanto mi riguarda l'avanguardia musicale si valuta in base all'avanzamento tecnico e concettuale riguardo al campo strumentale, ma senza violentare le regole arcaiche che gestiscono l'ordine della musica stessa. Sembra una contraddizione, ma non lo è assolutamente, è solo una forma di garanzia nei confronti di un'arte. Altrimenti tutto può essere spacciato per avanguardia musicale. Suonare con le pentole può essere un qualcosa di innovativo dal punto di vista concettuale, ma dietro si nascone un'incapacità di concepire dal punto di vista sonoro una vera alternativa a ciò che è omologante e di pubblico dominio, quindi si ripiega su un vano tentativo di scioccare, far riflettere o focalizzare l'attenzione su altri aspetti, spesso secondari.

Nell'Italia patria del Futurismo abbiamo molti esempi che, sotto punti di vista differenti e stili diversi, hanno dato una sferzata decisiva al regolare corso musicale nel nostro paese. Visto che in questo periodo, come ho già avuto occasione di dire, sono molto impallato con Fabrizio De André, mi salta subito in mente il gruppo che, fin dalla prima uscita, ha dichiarato guerra sotto ogni aspetto al cantautorato "sermonico", maestro ed impegnato dei più. Gli Skiantos, con il loro punk-rock primordiale, hanno sovvertito certi valori sacri della musica italiana, prendendosi gioco degli stessi con toni surreali, ironici e demenziali, per poi trasformare le proprie musicalità in un ciclonico "new wave" nel famosissimo LP "Kinotto" che li lancerà verso lidi migliori di quelli riguardanti la Bologna operaia o "l'emilia paranoica", parafrasando un gruppo della quale parleremo dopo. Nelle loro canzoni traspare proprio l'intenzione di rompere con un mondo che si prende troppo sul serio: stiamo parlando degli anni 70, anni di piombo, dove le pallottole fischiavano per aria come a detta di alcuni, il vento negli anni della guerra. Fare ironia in un periodo del genere non era facile, si rischiava di essere presi per "fasci" o "compagni", in base alle istituzioni sacre che si andavano a dissacrare. Ma il gruppo ebbe la capacità di restare sorridente in un mondo di facce tese, prendendo in giro autonomi ("Io sono un autonomo"), forze dell'ordine ("Karabigniere blues"), rivoltosi ("Sono un ribelle mamma"), proibizionisti ("Il proibizionista") e il mondo della musica in generale, con l'eloquente "Largo all'avanguardia", che esordisce gridando "pubblico di merda". Quello stesso pubblico che, durante le loro esibizioni, lanciava in direzione del palco ortaggi, vestiti, bicchieri e che sfoggiava solitamente cartelli con su scritto dei "FATE CAGARE", riferiti al gruppo. 

Tralasciando climi surreali di questo tipo, ma continuando a parlare di cantautorato e musica impegnata, posso dirvi che mi è subito venuto in mente di un articolo che trovai sul web qualche tempo fa, pubblicato sul sito della rivista "Rolling Stones". L'articolo in questione intitolava: "C'è (anche) una Genova a cui non frega niente di De Andrè". Ovviamente questo pezzo venne massacrato dai più, che magari senza nemmeno leggerlo in tutti i suoi spunti, capirono si trattasse di un attacco nei confronti del poeta genovese. Invece si trattava di un'accurata analisi protratta da un ragazzo che vive a Genova e che fu protagonista di un movimento spontaneo che, alla musica "politica" dei 70's, impegnata nel sociale e movimentista, preferiva attraccarsi ad altri lidi, molto più progressivi, molto più british, accompagnati da un vestiario e uno stile decisamente più ricercato che manteneva i capelli lunghi e gli stivaletti ma eliminava le barbe da sovietici, prediligendo le discoteche ai concerti di finanziamento. Un movimento giovanile che ascoltava Emerson Lake & Palmer, Dire Straits, Alan Parson Project, la black music e altri generi emergenti considerati "out", dai conservatori supremi della "Rivoluzione". Questo movimento era quello della disco music, molte volte additato erroneamente come "omologante". In realtà sotto molti punti di vista era più all'avanguardia della musica impegnata, che proponeva un modello universale di pensiero dove se non te la intendevi in una certa maniera, non eri degno di partecipare e far parte della comunità. Questo secondo il mio parere è un esempio di come, qualsiasi tipo di cultura, quando viene seguita in maniera superficiale da molte persone, solo per un motivo aggregativo, si trasforma in qualcosa di medriocre e massificante, lasciando comunque la comprensione reale del significato ultimo a pochi. 

Detto ciò e tralasciando i risvolti politici di una generazione che alla fine dei conti fallì, proprio soffrendo della mediocrità dei propri affiliati, volevo collegarmi alla parola sopracitata: "progressive". La musica progressive è sicuramente un esempio lampante di elitarismo e avanguardia musicale. Riservata a pochi patiti e bandita ai falsi profeti che furono la sua rovina, la musica progressive univa concept, suoni innovativi, periodi e assoli inauditi e tempi decisamente fuori dal comune. Tutto ciò che la circondava era assolutamente onirico e grottesco, nelle sue forme più estreme aveva l'aspirazione di condurre l'ascoltatore in una dimensione mentale che veramente si distaccasse dalla realtà, infatti a volte l'acido lisergico faceva da coadiuvante a tutti ciò. Ricordiamo gruppi con nomi atipici, quasi fantasy: "Quella vecchia Locanda", "Il banco del mutuo soccorso", "Premiata Forneria Marconi", "Raccomandata ricevuta di ritorno", "Capsicum Red", "Il rovescio della medaglia" e tantissimi altri, più o meno rimasti nell'anonimato, recuperati dalla memoria solamente grazie al lavoro di qualcuno che quella musica la sentiva propria e non l'ascoltava solo perché faceva tendenza.

 Cambiando campo ci sarebbero tantissimi altri esempi da fare, uno su tutti è quello dei CCCP - Fedeli alla linea, punk filosovietico, musica melodica emiliana. Un gruppo sicuramente eccentrico, evidentemente dichiarato dal punto di vista politico ma così alto e intellettualmente elevato, da non cadere quasi mai nella retorica o nelle banalità. Quasi troppo elevato, tanto da risultare quasi "spocchioso" agli occhi del pubblico, che costrinse metaforicamente il cantante Giovanni Lindo Ferretti a ingaggiare un "artista del popolo", Danilo Fatur, per così avere un personaggio che unisse il gruppo ai suoi seguaci. Sviluppate le proprie musicalità in ambienti industrial, per passare attraverso ai più svariati generi di punk, il gruppo arrivò fino a dei veri e propri esempi di musica elettronica, sopratutto nell'album "Canzoni, preghiere, danze del II millenio Sezione Europa". Tutti unito a testi decisi, accattivanti, che a volte subordinavano l'uso corretto del vocabolo per una migliore percezione auditiva, come ad esempio nella parodistica canzone "Huligani Dangereux". Senza contare le critiche al mondo moderno, al consumismo, le analisi riguardanti i modus vivendi, la tradizione, la vita. Il gruppo poi si sciolse, formando in seguito i CSI, Consorzio Suonatori Indipendenti.


Mentre scrivo poi mi vengono in menti tantissimi altri esempi: gli Ain Soph e i SottoFasciaSemplice per quanto riguarda gli ambienti più esoterici e politicizzati, Elio e le storie tese (ridete pure, ma è stato un vero e proprio innovatore), i Timoria, l'ultimo periodo artistico di Lucio Battisti, Enrico Ruggeri e i Decibel e quanti altri... Tutti che, chi più che meno, hanno rappresentato e incarnato un certo modello avanguardistico, infrangendo schemi oramai consolidati, modificandoli per sempre. Tutti che meriterebbero una citazione per il coraggio, l'astuzia e l'intelligenza di provare e sperimentare con grande successo strutture mentali astratte applicate all'arte musicale. Senza contare tutti i gruppi che al buio di garage e cantine e di locali alternativi, hanno dato prova di genialità, ma che non sono mai riusciti a sfondare o a farsi conoscere a causa delle barriere di una certa cultura predominante e maggioritaria. Detto ciò mi scuso me aver tralasciato sicuramente gruppi e personaggi fondamentali per la disgressione del fenomeno nel nostro paese, ma mi pare di avervi già dato abbastanza da leggere, nella speranza che qualcuno, anche oggi, accolga nelle proprie sinapsi, il concetto ultimo del modello d'avanguardia: rompere con il passato, guardare (in questo caso ascoltare) avanti!

mercoledì 9 novembre 2011

Spoon River è ovunque

Non sono mai stato un accanito lettore, ho sempre preferito i testi estrapolati dal proprio originale contesto o le riviste, rispetto ai libri veri e propri: con quelle lettere così piccole, quelle note a piè di pagina ancora più piccole e quelle infinite risme di pagine che, anche se l'argomento è interessante, farebbero scemare l'entusiasmo ai più, sopratutto a chi già a scuola, aveva difficoltà a stare fermo e seduto per più di un ora di fila... Ma ultimamente mi sono riavvicinato a questo micro-cosmo, che a quanto pare unisce dentro se tantissime persone, che trovano nella lettura un'amica fedele.

Premessa: l'altro giorno ero in coda ad uno sportello della mia università, e a fianco a me si stagliava in tutta la sua flaccida fisicità uno studente, a suo dire di filosofia. I maligni diranno che già questo basta a classificarlo, ma io non riesco, non voglio pensarla così. Mi volto di sfuggita verso di lui per vedere se sul tabellone luminoso alle sue spalle appariva il mio numero, in modo da potermi accingere verso lo sportello stesso. Noto che in mano ha un libro, do un rapido sguardo e mi giro nuovamente. Il futuro asceta metropolitano nota questo mio spostamento e, con un eloquente movimento, inclina la copertina del libro verso me, per farmi ammirare di quali superbe letture il suo cervello si stava nutrendo. Mitomane. Ecco, io non sarò mai una persona così, anche se un domani dovesse scoppiare in me l'amore per la lettura.

Detto ciò passiamo al tema principale di questo secondo semi-serio post che viene pubblicato su codesto blog. Ascoltando spessissimo ultimamente Fabrizio De André, mi sono appassionato a vari passaggi dei suoi brani e in particolare ad alcuni album. Dopo "Storia di un impiegato", ho focalizzato la mia attenzione su "Non al denaro, non all'amore, né al cielo", sopratutto sulla canzone conclusiva e su quella di apertura, rispettivamente "Il suonatore Jones" e "La collina". Mi chiedevo da dove prese spunto il mio grande conterraneo per questo album e per questi due brani storici. Scopro che c'è un'antologia di epitaffi poetici, scritta da un certo Edgar Lee Masters nel 1915, "L'antologia di Spoon River". Allora mi informo meglio sulla rete al riguardo e poi vado a comprarmi questo libro, lo trovo in una bella edizione ad un prezzo economico. Leggendo le prime 54 pagine, inizio a ritrovare tra di esse i riferimenti che De André fece nel suo album all'antologia stessa. Infatti, già la prima pagina, si apre con la poesia "La Collina", che narra con meno peculiarità dell'omonima canzone, della fine che hanno fatto molti abitanti di questa cittadina, Spoon River, e che tutti alla fine si sono ritrovati sulla collina appunto, che è alla fine dei conti un cimitero.

 All'interno dei libro, si raccontano, tutti gli abitanti scomparsi, tramite un ipotetico epitaffio lasciato a memoria di se. E quindi c'è Knowlt Hoheimer, che si arruolò nell'esercito per dimenticare le proprie pene d'amore, inflittegli dalla sua amata Lydia Puckett, che dichiara in maniera solenne: "Dietro ogni soldato c'è una donna". E' c'è il dottor Meyers, filantropo, benefattore, che si spese in difesa dei poveri, dei malati, degli storpi, ma che venne accusato dalla stampa della morte della poetessa solitaria Minerva Jones, che in realtà venne adescata, durante la ricerca d'amore e uccisa dal manovale "Butch" Weldy, che dopo "aver messo la testa a posto", saltò in aria insieme ad una cisterna che lui stesso doveva rifornire di carburante. Poi c'è Trainor il farmacista, che nell'album di De André diventa "un Chimico", che, da sempre titubante nei confronti dei rapporti umani, morirà durante un esperimento senza aver conosciuto l'amore. Ma anche Amanda Barker, morta per un aborto; Julia Miller, che sposò un uomo 30 anni più vecchio di lei; Constance Hately madre possessiva e Chase Henry, l'ubriacone di paese.

Leggendo tutto ciò mi è sorta una domanda. Il grande Faber doveva spingersi a trovare dei fantasiosi scritti riferitosi ad un'immaginaria cittadina americana, per avere degli spunti umani validi da cantare? Ovviamente è una domanda retorica, sia il lavoro di E.L.Masters che quello di De André sono fantastici e innovativi sotto ogni punto di vista. Dico ciò per arrivare alla conclusione ultima, che poi è anche il titolo stesso di questo post. Spoon River è ovunque. Spoon River è la cittadina poco fuori le campagne genovesi, torinesi, fiorentine, baresi. Spoon River rappresenta gli aspetti universali dell'essere umano, in particolare della cultura occidentale. La velata ipocrisia, la violenza, le travagliate esistenze, la fede, la solidarietà, l'odio, il rancore, l'amore per la vita, per la propria terra, per le persone che ci sono attorno. Ma anche la voglia di scappare, di cambiare le regole del gioco.


E' un'introspezione psicologica dell'essere, dove tutti ci possiamo riconoscere. Con delle forti limitazioni per chi abita nelle metropoli, sempre più impersonali e disumanizzate, tutti potranno capire quel che si sta dicendo: chi nel proprio quartiere/paese ha (o è) l'ubriacone? Chi può dire di non avere visto la ragazza che per sistemarsi si sposò con un vecchio milionario? O l'uomo di fama e di mondo, rovinato da un episodio della propria vita? Dico così perché, secondo il mio parere, questa antologia è da leggere, per imparare a conoscere le persone, che da un capo all'altro del mondo occidentale, sono legate da un filo comune. E se De André dopo la lettura, ha sfornato un capolavoro, chissà se almeno noi avremmo la capacità di ricevere un qualche tipo di illuminazione su ciò che ci accade attorno.

Si è dimesso Berlusconi! Ah, non ancora..

Lo stanno attendendo tutti. Molti aspettavano questo momento da anni, la loro esperienza vitale era oramai focalizzata sull'unico argomento degno di nota nella scena politica italiana: Silvio Berlusconi. Trasmissioni, dirette, maratone televisive, scoop giornalistici, tutto dedicato alla punta di diamante della messa in scena del teatro politico italiano. Ed ora che il "Re è nudo" e sta per cadere sotto i colpi di quegli interessi che con tanta tenacia ha difeso durante i suoi anni di governo, la folla esulta. Persone che non conoscono nemmeno il proprio amministratore condominiale, esplodono come allo stadio dopo un gol della propria squadra per la notizia che ha folgorato la mente dei più: il governo ha perso la maggioranza. In questo furore quasi mefistelico che avvolge la penisola tutta sorge spontanea una domanda: e dopo?

Cazzo, è vero, e dopo? Ti risponderanno che sicuramente ci sarà un'alternativa più valida a questo governo, che si uscirà dalla crisi limitando i danni e che quando ci cadrà un dentino, la fatina, ci lascerà sotto il cuscino qualche euro da investire in BOT e CCT. E invece no, non c'è proprio un bel niente dopo. C'è una cricca di avvoltoi pronti a spennare l'Italia come un tacchino da infornare durante il giorno del Ringraziamento. Ma a noi di questo che cosa ce ne frega? Ahahah! Ci ridiamo su, grassamente anche. A noi interessa che il nano, quello coi soldi, quello con le proprietà, quello dei viaggi, delle donne e della bella vita si tolga dalle palle, a noi italiani interessa quello, agli europei, per interesse vero, ancora di più. Ci fa premura annientare il prossimo solo per quello che ostenta e non per quello che è. E sapere solo che c'è una persona in meno che fa una vita migliore rispetto alla nostra ci fa stare meglio. Ci fa sentire meno merde, meno impantanati in una viscosa mediocrità. Su questa mentalità ovviamente che chi ride, c'è chi la fomenta, chi ci toglie ogni indipendenza cognitiva, di conseguenza trasformano la realtà a loro piacimento: Mario Draghi non è un gangster travestito da banchiere che trasformerebbe l'Italia in una filiale della Goldman Sachs, ma è un abile economista che risolleverebbe l'Italia dalla crisi. Mario Monti invece non è assolutamente un fantoccio della BCE, che non farebbe altro che facilitare i piani europei che vogliono smantellare ogni nostra sovranità, ma è un moderato con raziocinio, lontano da scandali e immoralità varie, che ridarebbe lustro all'immagine italiana nel mondo.

Cazzate.
Sono un silos di stronzate.

Festeggiamo perché un potere deviato italiano, ha lasciato spazio a un potere deviato internazionale ancor più pericoloso. Giochiamo a trovare il meno peggio, quando il peggiore si traveste da soluzione. Facciamo i perbenisti e gli schizzinosi, chiedendo "pulizia", quando è da anni che viviamo nella solita merda perché non c'è mai stato nessun gruppo politico, in grado di incarnare qualcosa di superiore ad un politicismo e un dottrinalismo miope.  Ogni società, ogni comunità, anche quelle più estranee alle masse e alla massificazione non riescono a decodificare i segnali che in questo periodo ci vengono lanciati. L'unico segnale che ci premuniamo di riceve è quello del digitale terrestre, cazzo!

martedì 8 novembre 2011

Prima pagina del diario

"..e gente giusta che rifiuti di esser preda
di facili entusiasmi e ideologie alla moda.."
Oh finalmente mi sono deciso... Ho aperto un blog. Oramai ce l'hanno anche i porci, non vedo perché non dovrei averne uno anche io. Non è il primo che apro nella mia virtuale esistenza, ma sicuramente è uno tra i più "maturi" in termini di progetti e spero di contenuti. Prima ne creavo tantissimi, in preda a facili entusiasmi, ma non avevo granché da scrivere e mi scervellavo su cosa diavolo pubblicare su delle pagine che apparivano sempre più scarne. Ultimamente avrei avuto tantissime cose da dire ma nessun supporto a disposizione. Poi ho sempre scritto bene. Ora che c'è lo mi sto comunque arrovellando il gulliver per capire cosa scrivere nel primo post, per antonomasia banale e vuoto riguardo al significato ultimo del blog stesso. Va bé, almeno ho qualcosa su cui testare le fantastiche opzioni cromatiche che mi vengono proposte, gli sfondi, i font.. Bene dai, da qui in avanti cercherò di scrivere cose sensate o che hanno l'aspirazione a diventarlo. A prestissimo spero!